mercoledì 21 aprile 2010

La donna comune, gli stilisti bastardi ed il cambio di stagione



Questo è un appello a tutti gli stilisti e a tutti i produttori di capi di abbigliamento del mondo.
Vi scongiuro, disegnate e producete (anche) vestiti che possano essere sovrapposti ad una comune donna mortale.
Non chiedo che mi vengano disegnati capi su misura da un tappezziere nautico, ne che alcuni modellini paranormali visti sui giornali femminili si adattino alle mie tremebonde carni.
Vi chiedo solo di coprirmi con eventuale dignità.
Vi imploro di ricordare che le modelle che utilizzate hanno la forma di una croce latina. Le modelle che lavorano per voi si nutrono di semi e di autostima,ergo, non soffrono di colite. Loro sono nate premature e premature sono cresciute. Hanno sofferto. Non hanno conosciuto il sapore di una carbonara col guanciale, di uno spezzatino con piselli, ignorano le patate al forno, disconoscono il tiramisù.
Le vostre modelle sono state umiliate dai compagni di classe fino a undici anni.
Poi si sono svegliate che erano alte un metro e novanta e, pur misurando ancora il proprio peso in etti, hanno sfanculato i compagnucci di scuola che erano già obesi e pelati, e delle loro miracolose fattezze hanno fatto un mestiere.
Se vestite una modella di diciotto anni con un etto di speck o con una copertina riparagambe da motorino, lei è bona lo stesso.
Lo speck le scivolerà addosso come uno scialle su misura, il riparagambe come una pelliccia "Haute couture".
Le donne comuni NON possono indossare i pantaloncini della signorina della foto. A meno che essi non siano dotati di " spurgafrattaglie", ossia boccaporti laterali o criptotasche interne, in cui far sfogare frustrazioni in sovrabbonzanza e carni in perpetuo eccesso.
Le donne comuni conoscono la carbonara, e pure bene.
Provate ad immaginarci mentre indossiamo la maglietta della fotomodella bastarda,che Dio le avveleni l'alito.
Io non oso. A parte che ne dovrei cucire insieme una ventina solo per cingermi il girovita, non immagino come mi potrebbe calzare l'odiosa risultanza.
La previsione più ottimistica mi vede assomigliare ad una tomba di famiglia pronta per l'inaugurazione, in amara alternativa, ad un pandoro glassato.
Lei sta dritta come un fuso, fiera, dall'altitudine della sua altezza, dalla nonnullezza del suo peso.
Io ho posture cifosiche e poi lordosiche. Addominali stitici e circolazione trombotica.
A lei le spalle vanno in su, io, che appartengo al regno del trigliceride e faccio campionati di colesterolo, sembrerei la gobba di Notre - dame dopo un frontale. Io ho paura. Ho paura del cambio di stagione e temo il mio armadio, lo detesto.
So che non esiste una dieta, per quanto drastica e futuribile, che mi permetterà di riciclare gli impietosi capi dell'anno scorso.
Loro mi aspettano nell'armadio e sembrano dire " Brutta stronza, ci hai abbandonato qua, ma quando avrai bisogno di noi, noi non saremo più gli stessi"
So di aver spostato ogni bottone fino al confine estremo della stoffa, so che a meno che non mi faccia impiantare un'asola nella carne viva, non potrò confidare nel mio vecchio guardaroba.
Allora vi prego, copriteci e basta. Fateci passare inosservate, come le suore laiche.
Le suore laiche non si vedono, sono un popolo misterioso, abitano il nostro ecosistema, camminano sui nostri marciapiedi, respirano le nostre città, ma noi non le vediamo.
Ecco signori stilisti, vi imploro, fate di me una suora laica. Regalatemi l'invisibilità che merito, la dignità alla quale aspiro, la serenità che agogno.

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